CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Kant afferma che la legge morale è un fatto della ragione in quanto è incondizionata è universale, ha la forma del “comando” perché deve contrastare la sensibilità è gli impulsi egoistici.
La ragion pratica coincide con la volontà che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi:
- le massime: prescrizioni di carattere soggettivo.
- gli imperativi: prescrizioni di carattere oggettivo; distinti a loro volta in
- imperativi ipotetici
- imperativi categorici
Kant afferma che l’azione è morale quando è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere, soddisfa il principio di universalizzazione ampliato attraverso le tre formulazioni dell’imperativo categorico, che impongono di agire.
- << soltanto secondo quella massima che, a tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale. >>
- << in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.>>
- in modo tale che << la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice.>>
La moralità richiede là conformità al dovere ma anche la convinzione interiore, in essa l’uomo si eleva al di sopra del sensibile e delle leggi di natura, su di essa sì fonda la religione infratti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica: l’esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene e l’immortalità dell’anima garantisce la realizzabilità del sommo bene.
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