domenica 15 marzo 2020

                                                           
                                                                SIGMUN FREUD



Sigismund Schlomo Freud, conosciuto come Sigmund Freud, nasce il 6 Maggio del 1856 nell'odierna Repubblica Ceca. Sigmund inizia ad appassionarsi allo studio del testo biblico sin da giovane, e la storia e la tradizione del suo popolo giocheranno un ruolo non indifferente nella sua produzione successiva (per altro, in un contesto sociale come quello viennese di antisemitismo).  Freud decide di dedicarsi alla pratica clinica, professione che gli avrebbe consentito di rendersi indipendente economicamente e di sposare Martha Bernays, conosciuta nel 1882. Lavora per tre anni all'Ospedale Generale di Vienna, curando i pazienti del reparto psichiatrico, poi, tra il 1885 e il 1886 collabora con Charcot a Parigi, e si avvicina così all'ipnosi come cura per l'isteria, metodo clinico che Freud vuol diffondere al suo ritorno a Vienna. Nell'autunno del 1886 apre dinque il suo studio privato, e in primavera sposa Martha, con cui mette al mondo sei figli.Nel frattempo Freud inizia ad applicare il metodo ipnotico sui pazienti isterici, e a pubblicare i primi studi su questo metodo catartico​ (Studi sull'isteria, 1895). Tuttavia, Freud sta già lavorando alle opere maggiori; nel 1900 pubblica uno studio, risultato del lavoro di cura sui propri pazienti e su se stesso, L'interpretazione dei sogni, che fissa i paletti della futura psicoanalisi. La nomina a professore universitario nel 1902 si affianca allo sviluppo della nuova teoria, a cavallo tra interpretazione del mondo dell'inconscio e pratica terapeutica per i disturbi psicoanalitici; alla Psicopatologia della vita quotidiana (1904) e ai Tre saggi sulla teoria sessuale (1905) si affiancano gli studi di famosi "casi clinici". Del 1910 è la fondazione della Società psicoanalitica internazionale, cui aderiscono in un primo momento anche i "discepoli" Jung e Adler. Altri studi freudiani (che sviluppano ulteriormente i concetti di Io, Es, Super-io, il noto "complesso di Edipo" e la teoria della sessualità) sono Al di là del principio di piacere (1920), L'Io e l'Es (1922) e Il disagio della civiltà (1930). La salita al potere del nazismo hitleriano costringe però Freud - da anni malato di cancro - all'esilio a Londra nel 1938, dove lo psicoanalista muore l'anno successivo.



mercoledì 26 febbraio 2020

                                                          
                                                           KIERKEGAARD

                                           

Il pensiero di Kierkegaard è profondamente immerso nella cultura della Danimarca del suo tempo, permeata dall’ascendente di Hegel e dell’idealismo. Le elaborazioni del filosofo si porranno, però, in netto contrasto con la cultura accademica dominante e saranno segnate da uno stile personale che abbandonava il rigore del linguaggio filosofico e la sua pretesa oggettività. Difatti, le caratteristiche della sua filosofia furono:   
L’esistenza: l’importanza assegnata all’esistenza concreta degli uomini. È il singolo, l’individuo fatto di carne e ossa, con le sue esigenze e i suoi dubbi a costituire l’oggetto della sua ricerca. Kierkegaard abbandona ogni pretesa astrazione generalizzante, ogni necessità e si concentra unicamente sulle scelte e le opportunità della persona concreta.
La possibilità: la centralità del criterio della possibilità, concepita come la cifra caratteristica dell’esistenza umana. Per Kierkegaard è “possibilità-che-sì” ma anche, al tempo stesso, “possibilità-che-non”. Con ciò il filosofo intende dire che ogni scelta, ogni opportunità che si presenta all’uomo, impone sempre che se ne scartino altre. C’è un rischio ineliminabile in ogni opportunità esistenziale che porterà lo stesso filosofo all’immobilismo.
La riflessione soggettiva e la storia: una rivalutazione della riflessione soggettiva, appassionata, in cui l’uomo viene inserito nel contesto in cui vive senza garanzie e senza sapere o sperare di poter percorrere una strada già segnata. La storia, secondo Kierkegaard, è il risultato dell’azione incerta, casuale e problematica dell’individuo.
L’aut-aut: il credere che la vita, nel suo farsi, sia sempre caratterizzata da una scelta che obbliga ad un “aut-aut”.

-GLI STADI DELLA VITA:
Nell’opera Aut-Aut Kierkegaard presenta i primi due stadi esistenziali, cioè le due alternative di vita che si presentano come scelte inconciliabili all’uomo: o l’una o l’altra, senza nessuna soluzione di continuità o tentativo di mediazione. 
LA VITA ESTETICA: Il primo stadio analizzato è quello della vita estetica: è il modo di vivere in cui l’uomo rifiuta la banalità, la monotonia, l’impegno ma ricerca solo e soltanto il piacere inebriante dell’avventura e dell’attimo intenso e fugace. Emblema di questo stadio è la figura del don Giovanni mai pago delle sue conquiste amorose. Ma, a detta del filosofo, il continuo passare da una “storiella” all’altra è per il don Giovanni la prova lampante della sua incapacità di stringere relazioni e sentirsi appagato. Scegliendo tutte le donne, il seduttore in verità non ne sceglie nessuna. Così, la vita estetica è il preludio prima della noia e poi della disperazione. Scegliendo di non scegliere, in quanto rifiuta il peso di qualsiasi impegno, l’esteta si ritrova a fare i conti con una vita vuota, priva di identità e senso. Ma, scegliendo la disperazione, l’uomo può liberarsi dalle modalità di questa vita per abbracciarne un’altra: la vita etica. 
LA VITA ETICA: questo secondo stadio si fonda sulla scelta, sull’essere protagonisti di un compito e di portarlo avanti con costanza. Emblema di questo stadio è il buon marito, l’impiegato in cui l’individuo decide di abbracciare un “modello” di comportamento e la “normalità”. All’eccezionalità dello stadio etico sopraggiunge la routine. Tuttavia, anche questo stadio è destinato a condurre l’uomo alla disperazione e all’angoscia in quanto l’individuo, seguendo “ciò che va fatto”, non riesce davvero a realizzare la propria singolarità ma si abbandona al conformismo e all’anonimato. La tranquilla e modesta vita che ha scelto, inoltre, non appagano la sua voglia di infinito. La vita etica termina allorquando l’uomo realizza di non poter superare la sua natura di essere peccaminoso. Si sente, cioè, al cospetto di Dio, un essere insufficiente, incapace di essere assolutamente buono. Dunque, si pente. E solo allora, accettando per fede che Dio possa comunque salvarci dai nostri peccati, è pronto ad entrare nell’ultimo stadio. 

LA VITA RELIGIOSA: Nell’opera Timore e tremore, infatti, Kierkegaard affronta la vita religiosa che risulta essere una scelta ancora più radicale di quella compiuta nel passaggio dalla vita estetica a quella etica. La figura chiave di questo stadio è infatti
Abramo che contro ogni legge morale, decide unicamente di seguire un comando divino. Difatti questo è il momento in cui l’uomo è solo davanti a Dio, riconosce la propria finitezza e si abbandona all’Assoluto. L’individuo sceglie dunque di credere e tenta di superare l’angoscia e la disperazione che lo costituiscono riconoscendo la propria dipendenza da Dio. Ma la fede non si configura come una scelta rassicurante in quanto l’uomo si ritrova solo, al di fuori della mentalità e dei costumi comuni, a credere in qualcosa che si pone aldilà della ragione o di ogni comprensione. Tuttavia, nonostante il cristianesimo sia “scandalo e paradosso”, è la sola arma che permette al singolo di sfuggire a quel senso di vertigine dato dalle infinite possibilità di cui è costellata la sua vita.
Dio risulta quindi essere un affidamento ed un approdo, seppur problematico e drammatico, che permette di superare la propria inadeguatezza esistenziale. Il credente è rassicurato che, cioè, tutto ciò che è possibile è nelle mani di Dio. 







sabato 8 febbraio 2020


                                                         FREDERICH NIETZSCHE













Nietzsche è il filosofo, il suo pensiero ha influenzato, non solo tutta la filosofia del XIX sec., ma anche gli ambiti più diversi: dalla letteratura alla musica , dalla pittura alla sociologia, fino quasi ad essere distorto e adoperato in senso politico-ideologico. Figlio di un pastore protestante, studia all’università di Bonn e di Lipsia, vince molto giovane la cattedra di filologia all’università di Basilea. Nel 1879 per problemi fisici, è costretto a lasciare l’insegnamento e trascorre dieci anni, circa dedicandosi a un ‘intensa attività di studio e scrittura, la sua malattia si acuirà e sfocerà in infermità mentale. Dopo il nichilismo con cui si erano dissolti i valori platonico-cristiani, Nietzsche vede per la filosofia un nuovo scopo, uno scopo costruttivo: il divenire nella circolarità di piacere e dolore, consente di amare il mondo “amor fati” e di riscattarlo in modo immanente. Questo riscatto esige il tramonto dell’idea tradizionale di uomo “per costruire la casa all’oltreuomo”, capace di edificare autonomamente un’esistenza colma di vita e di senso. Tutto il suo pensiero è raccolto nelle sue celebri opere: La nascita della tragedia dello spirito della musica, Umano troppo umano, libro per spiriti liberi, Aurora. Pensieri sui giudizi morali, Così parlò Zarathustra, Aldilà del bene e del male, La gaia scienza, Genealogia della morale, Volontà e potenza.
 Con La nascita della tragedia dello spirito della musica Nietzsche critica il carattere unilaterale e riduttivo della cultura tedesca del suo tempo, in cui predomina “l’uomo teoretico” e corrispondente al mondo della scienza e della divisione tecnica dei compiti; esso è caratterizzato dalla fiducia nella possibilità di correggere il mondo per mezzo del sapere, in una vita guidata dalla sola scienza. Con ciò l’arte stessa viene subordinata al concetto: l’impulso apollineo rappresenta il mondo del sogno e all’arte dello scultore, e l’impulso dionisiaco, corrisponde al mondo dell’ebrezza creativa e alla musica. Grazie alla “volontà ellenica, arte dionisiaca e apollinea si uniscono e producono l’opera d’arte completa, cioè la tragedia attica. In questo periodo Nietzsche è influenzato sia dalla metafisica di Schopenhauer con la distinzione tra mondo delle rappresentazioni e mondo della volontà, sia dal dramma musicale Wagneriano che cerca di fondere arte, mito, poesia, per essere un opera d’arte totale.
Nietzsche denuncia i danni provocati dalla mentalità storicistica, quali la riduzione delle verità a eventi fugaci, la passività dell’uomo nei confronti della tradizione e  del passato , l’identificazione del divenire della storia con un progresso univoco. A tutto ciò Nietzsche oppone, la capacità di dimenticare e di sentire “in modo non storico” a favore della felicità e della vita. Per creare una storia nuova e non ripetitiva del passato, bisogna adottare un atteggiamento antistorico e sovrastorico.


  • Con Umano troppo umano. Un libro per spiriti liberi, parla di una “chimica delle idee e dei sentimenti religiosi, ed estetici”. L’opera si presenta come un discorso sul metodo, e tale metodo consiste nel sapere rendere giustizia alla conoscenza disdegnando “tutto ciò che acceca e confonde il giudizio delle cose “, per conoscerle invece, in modo puro e con occhio attento.
  • In Aurora. Pensieri sui giudizi morali, del 1881, si dedica all’analisi dei presupposti della morale, principalmente rappresentati dalla pressione della paura e conformismo sociale.
  • Ne La gaia scienza, critica il sapere scientifico, rimproverandogli di voler spiegare tutto col nesso di causa effetto, che consente di descrivere il divenire, ma nello stesso tempo, non riesce a farlo comprendere all’uomo nei suoi aspetti qualitativi.
  • In Così parlò Zarathustra affronta il compito di pensare l’uomo e il mondo dopo che, a causa della secolarizzazione della cultura e società,  “ Dio è morto”.  Il divenire concepito come “eterno anello dell’essere, nella circolarità di piacere e dolore, consente di amare il mondo.
  • In Aldilà del bene e del male e nella Genealogia della morale la morale platonico-cristiana, con i suoi valori di umiltà e compassione, rassegnazione e uguaglianza,  viene stigmatizzata come morale degli schiavi, che dicono no alla vita, e del sentimento contro le virtù praticate positivamente dagli aristocratici (magnanimità, capacità di eccedere e di donare.
  • Nel 1901, alcuni appunti e frammenti postumi, sono stati raccolti dalla sorella, in modo arbitrario e condizionato dalle sue simpatie razziste e autoritarie, sotto il titolo di Volontà e potenza, un opera che ha contribuito al travisamenti del pensiero nietzscheano.




             

lunedì 30 settembre 2019

                                                                        SCHELLING


Il  pensiero di Schelling conosce varie fasi:a partire da un idealismo che già da spazio a un fattore di oggettività della natura, fino a giungere al compiuto riconoscimento della irriducibilità del reale alla ragione umana, che deve perciò piegarsi ad accogliere la Rivelazione di Dio, non più identificato con lo Spirito (umano) ma concepito come Mistero trascendente.
Quindi da un lato vi è la filosofia trascendentale, intesa come il superamento fichtiano del kantismo grazie a un’intuizione intellettuale del sovrasensibile, qui dell’io come fondamento dell’intero sapere, indimostrabile perché inoggettivabile. Dall’altro lato la filosofia della natura, a cui è indotto dalla necessità di spiegare il nesso tra l’uno incondizionato e la molteplicità condizionata ma anche da un autentico interesse per la fondazione filosofica delle più recenti scoperte scientifiche. la natura è concepita da Schelling come un organismo vivente e finalistico, la cui unità occulta  sarebbe il galvanismo  e la cui incessante produttività, grazie al meccanismo della polarità, e cioè alla continua azione reciproca di forze opposte (attrazione vs. repulsione, produttività vs. prodotto), sarebbe il riflesso e simbolo inconscio dell’altrettanto continua evoluzione dello spirito.


                                                                          FICHTE
L'Idealismo etico di Fichte

Secondo il suo pensiero l'IO è un processo creativo e infinito che si articola in tre momenti:
- tesi: l'io pone se stesso -> si rivela come attivitá autocreatrice
- antitesi: l'io pone il non io -> produce l'altro da sè come oggetto e ostacolo indispensabile alla sua attività
- sintesi: l'io oppone nell'io, all'io divisibile un non io divisibile -> si particolarizza nei singoli io empirici e finiti contrapposti alle cose del mondo

Fichte sostiene che la natura e il mondo non possono esistere in modo indipendente dall'io, il quale poi pone il non-io e si determina come io empirico grazie all'immaginazione produttiva.

Il compito dell'uomo, secondo il suo pensiero, è quello di affermare la propria libertà, infatti il mondo esiste in funzione dell'attività dell'uomo e del suo atuperfezionamento, primato della vita morale rispetto a quella teorica.

-> L'uomo ha il suo fine nella società la quale ha l'obbiettivo di realizzare la completa unità di tutti i suoi membri grazie alle due leggi morali:
1) trattare gli altri come fini e mai come mezzi;
2) puntare al perfezionamento degli uomini tramite l'educazione per questo la missione del "dotto" consiste nel promuovere il progresso culturale e morale di tutte le classi sociali.

domenica 19 maggio 2019

Kant

CRITICA DELLA RAGION PRATICA

Kant afferma che la legge morale è un fatto della ragione in quanto è incondizionata è universale, ha la forma del “comando” perché deve contrastare la sensibilità è gli impulsi egoistici.

La ragion pratica coincide con la volontà che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi:

  • le massime: prescrizioni di carattere soggettivo.
  • gli imperativi: prescrizioni di carattere oggettivo; distinti a loro volta in
  1. imperativi ipotetici 
  2. imperativi categorici 

Kant afferma che l’azione è morale quando è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere, soddisfa il principio di universalizzazione ampliato attraverso le tre formulazioni dell’imperativo categorico, che impongono di agire.

  • << soltanto secondo quella massima che, a tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale. >>
  • << in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.>>
  • in modo tale che << la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice.>>

La moralità richiede là conformità al dovere ma anche la convinzione interiore, in essa l’uomo si eleva al di sopra del sensibile e delle leggi di natura, su di essa sì fonda la religione infratti le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica: l’esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene e l’immortalità dell’anima garantisce la realizzabilità del sommo bene.

lunedì 6 maggio 2019

Kant

LA DOTTRINA DEGLI ELEMENTI:

è suddivisa in :

  1. ESTETICA TRADESCENTALE —> studia la conoscenza sensibile la quale è passiva è attiva allo stesso tempo infatti riceve dall’esperienza i dati percettivi e li organizza attraverso due forme a priori:
  • SPAZIO la forma del senso esterno
  • TEMPO la forma de senso interno 


  1. LOGICA TRASCENDENTALE—> suddivisa in 
  • ANALITICA TRASCENDENTALE: studia la facoltà dell’intelletto, consente di unificare le intuizioni sensibili sotto le 12 categorie la legittimità della loro applicazione è giustificata con la deduzione trascendentale secondo cui tutto il processo  conoscitivo è fondato sull’io penso (il legislatore della natura) intesa come realtà fenomenica distinta dalla realtà noumenica.

       DIALETTICA TRASCENDENTALE: studia la     ragione e cerca di superare i limiti dell’esperienza attraverso 

  • l’unificazione dei dati del senso interno —> idea dell’anima
  • l’unificazione dei dati del senso esterno —> idea del mondo 
  • l’unificazione dei dati del senso interno ed esterno —> idea di Dio

giovedì 2 maggio 2019

KANT


Il PROBLEMA della CONOSCENZA nella CRITICA          
                                      della RAGION PURA:
Nella Critica della ragion pura si afferma che occorre condurre un’analisi sui fondamenti della conoscenza al fine di mettere a punto quali sono le condizioni di possibilità della scienza e capire se è possibile una metafisica come scienza a questo scopo infatti si analizzano le proposizioni della scienza (i giudizi).
Kant inoltre sostiene che i giudizi si distinguono in tre tipologie:
1) ANALITICI = in essi il predicato esplicita solo il contenuto del soggetto. Possiedono universalità e necessità ma non accrescono il sapere.2) SINTETICI e POSTERIORI = in essi il predicato aggiunge novità al soggetto. Inoltre accrescono il sapere ma sono particolari e contingenti.
         —> si può distinguere:
  • l’aspetto materiale: le impressioni sensibili che io soggetto riceve passivamente dall’esperienza (a posteriori)
  • l’aspetto formale: le modalità (a priori) con cui la mente ordina attivamente le impressioni.
Kant infatti parla di rivoluzione copernicana in quanto egli pensa che non è la mente a doversi adeguare alla realtà, ma la realtà a doversi adeguare alle modalità conoscitive del soggetto.3) SINTETICI A PRIORI = accrescono il sapere (essendo sintetici), sono dotati di universalità e necessità (essendo a priori).


domenica 28 aprile 2019

HUME


Il principale elemento di originalità della ricerca filosofica di Hume è indubbiamente il tentativo di applicare il metodo sperimentale allo studio della natura umana, finalizzato a istituire una scienza dell’uomo simile a quella teorizzata da Bacone(1561-1626) per la natura fisica. Hume, dunque, ispirandosi al metodo newtoniano e alle ricerche di Locke(1632-1704), Shaftesbury (1671-1713), Mandeville (1670-1733), Hutcheson (1694-1746) e Butler (1692-1752), vede nell’analisi sistematica delle varie dimensioni che costituiscono l’uomo (ragione, sentimento, morale, politica) il mezzo per far tornare la filosofia la prima scienza di riferimento del sapere umano. Un simile rivolgimento è secondo Hume possibile poiché tutte le scienze sono in stretto rapporto con la natura umana, in quanto fanno parte del bagaglio conoscitivo dell’uomo e da esso sono studiate giudicate
Un’altra novità rappresentata dal pensiero di Hume è l’esito scettico dell’indagine sul mondo esterno, che porta alle estreme conseguenze l’empirismo lockiano. Egli, infatti, contrapponendosi agli illuministi, ritiene che la natura umana si componga di sentimento e istinto, più che di ragione. La ragione stessa, inoltre, non è che una specie di istinto finalizzato al chiarimento di ciò che si accetta o si crede. Al momento in cui la ragione scopre che quelle verità ritenute oggettive - cioè fondate sulla natura stessa delle cose - sono invece soggettive e dettate dall’istinto e dall’abitudine, è inevitabile che si crei un contrasto tra essa e l’istinto. Questo contrasto si risolve però, secodno Hume, riconoscendo che la ragione stessa, che dubita e cerca, è una manifestazione della natura istintiva dell’uomo 1. Ne risulta che la conoscenza umana è solo probabile e intrinsecamente limitata.

lunedì 1 aprile 2019

LOCKE: LA CONCEZIONE DELLO STATO E L’AFFERMAZIONE DELLA TOLLERANZA

Egli afferma che nello stato di natura gli uomini godono dei diritti naturali alla vita, alla libertà, alla proprietà tuttavia manca la garanzia della legalità nella quale gli uomini devono stipulare un contratto sociale che implica:
  • il patto di unione -> gli individui si uniscono in una società civile;
  • il patto di sottomissione -> i cittadini si sottomettono a un’autorità che ha il compito di tutelare i diritti naturali 
Secondo Locke lo stato è fondato sul consenso dei cittadini, governa in modo non arbitrario e prevede la separazione dei poteri (legislativo é esecutivo) che ha lo scopo di evitare il dispotismo.
Secondo il suo pensiero bisogna tenere distinti:

  1. l’ambito politico: finalizzato a fare le leggi e a farle rispettare; in esso vale il principio della tolleranza religiosa fondato sul fatto che nessuna religione è superiore alle altre e che la fede non può essere imposta con la forza;
  2. l’ambito religioso: finalizzato a soddisfare i bisogni spirituali per cui la Chiesa è una società libera e volontaria.
LOCKE 







egli è considerato il padre dell’empirismo moderno.
Secondo il suo pensiero le idee non sono innate ma derivano dall’esperienza in particolare:
  1. dall’esperienza esterna provengono le idee di sensazione;
  2. dall’esperienza interna provengono le idee di riflessione;
infatti la mente umana, egli la definisce, come un foglio bianco, quindi privo di contenuti, che acquisisce gradualmente le conoscenze con il progredire delle esperienze.
Locke esegue una distinzione tra:
  1. idee semplici (di sensazione è riflessione) -> derivano dalle esperienze elementari e sono dotate di certezza;
  2. idee complesse -> provengono dal l’elaborazione delle idee semplici e si distinguono in: 
    • idee di modi (non sussistono di per sè ma sempre in relazione a una sostanza)
    • idee di sostanze (riferite a qualcosa di esistente in sè che funge da sostrato)
    • idee di relazioni (derivano dal rapporto istituito tra idee semplici)

Nel suo pensiero si trova il concetto di conoscenza che egli percepisce come una cosa che è circoscritta alle certezze sensibili (esterne o interiori) è probabile quindi sufficiente a orientarsi nel mondo ma non assoluta, le sue uniche certezze non sensibili sono quelle dell ‘ IO e di DIO

lunedì 18 febbraio 2019


                                                                           Hobbes




 


Egli nasce in Inghilterra nel 1558, studia ad Oxford e diventa precettore per una grande famiglia, i duchi di Devonshire.
All’interno del pensiero di Hobbes si può riconoscere che l uomo è un essere naturale e corporeo, ogni conoscenza deriva dai sensi (empirica ) e si sviluppa in tre livelli:
1) sensazione —> movimento sollecitato dagli oggetti che sensibilizzano gli organi di senso formando un immagine;
2) immaginazione —> collega le immagini sensibili trattenuti dalla memoria;
3) intelletto —> collega i nomi attribuiti convenzionalmente dal linguaggio alle immagini delle cose infatti esso ha due funzioni principali 1. serve alla memorizzazione 2. serve alla comunicazione.
Nell’articolazione del suo pensiero egli spiega che la materia corporea è l’unica realtà e il movimento  è l’unico principio di spiegazione dei fenomeni pertanto esiste un rigido determinismo anche in ambito etico che consiste nel bene e male che coincide con ciò che favorisce l’autoconservazione o che la ostacola e la libertà è soltanto << libertà di fare ciò che la volontà ha deciso.>>

Secondo il suo pensiero lo stato di natura e cararatterizzato da l’illimitata libertà individuale che comporta una situazione di ostilità generale con il rischio della distruzione reciproca. Infatti gli uomini devono rinunciare al diritto naturale (ius naturale —> libertà che ciascuno essere umano ha, nello stato di natura, di fare tutto ciò che vuole per difendersi e per soddisfare i propri bisogni) seguendo le tre massime ragioni:
1) cercare un compromesso per ottenere la pace;
2) limitare i propri diritti in relazione a quelli degli altri;
3) rispettare i patti.

Secondo la sua concezione di Stato (o Leviatano) esso ha origine da due patti stretti sala società civile, questi sono il patto di unione (—> implica la convergenza di molte volontà verso un solo scopo) e il patto di sottomissione (—> implica l’alienazione dei diritti e del potere a un sovrano).
Lo Stato, secondo Hobbes, ha due “direzioni”:
- potere assoluto; in quanto non ha mai termine se non per la morte del re, costringe il popolo all’obbedienza delle leggi senza lui rispettarle, ha pieno controllo delle azioni e opinioni dei sudditi, egli coincide con la legge è stabilisce i criteri del giusto è ingiusto ed infine ingloba in sè il potere religioso.
- ha alcuni limiti; possiamo riconoscere che non può emanare ordini che mettono in pericolo la vita dei cittadini e lascia un margine di libertà ai sudditi nella sfera privata.


venerdì 14 dicembre 2018

IL DUALISMO di CARTESIO

Cartesio suddivide la realtà in res cogitans e res extensa. Con res cogitans si intende la realtà psichica a cui Cartesio attribuisce le seguenti qualità: inestensione, libertà e consapevolezza. La res extensa rappresenta invece la realtà fisica, che è estesa, limitata e inconsapevole.
Il concetto deriva dal "cogito", in quanto si ha necessità di dividere ciò di cui ho appurato l'esistenza (il mio spirito) da ciò di cui non posso essere certo (il mio corpo, che tramite i sensi manda informazioni - forse false - al mio spirito).

Lo spunto originario deriva dalla metodologia Cartesiana. Per tutto ciò di cui si può dare un modello meccanico, tale modello è anche sufficiente come spiegazione del fenomeno sotto considerazione. Un modello meccanico opera solo con la fisica meccanica, cioè con corpi estesi in movimento. Ci sono, però, fenomeni quali il linguaggio ed il pensiero per cui non è possibile dare un modello meccanico. Perciò, conclude Cartesio, queste facoltà esistono al di fuori del dominio della res extensa e bisogna assumere l'esistenza di un secondo dominio ontologicamente distinto dalla res extensa. Pensiero e linguaggio sono dunque fenomeni pertinenti alla res cogitans e devono essere studiati e spiegati con un modello e una scienza diversa dalla meccanica.
Ora il criterio dell'evidenza, il punto di partenza del metodo cartesiano, ha sconfitto sì il dubbio scettico, ma ha fatto nascere la necessità dell'esistenza di due mondi, quello del pensiero (cogito) e quello della realtà (sum). E ciascuno di questi due mondi deve necessariamente far capo a una sostanza. Ma con Cartesio le sostanze sono due: la res cogitans (pensiero) e la res extensa (la realtà), ma la sostanza è una e non può essere altro che una.
Cartesio pensa di superare questa difficoltà sostenendo che in effetti la sostanza è veramente unica: essa è Dio, creatore sia della realtà che del pensiero. Insomma la res cogitans e la res extensa hanno un denominatore comune che è Dio, di cui Cartesio si è premurato di dimostrare razionalmente l'esistenza, incappando però nel "circolo vizioso".